mercoledì 30 gennaio 2019

https://poetarumsilva.com/2019/01/28/il-ramo-piu-preciso-del-tempo-ketty-martino-nota-di-franca-alaimo/


Il tessuto prevalentemente simbolico del linguaggio della Martino rende la materia del canto aperta e contraddistinta da reiterate contraddizioni, senza che quest' ultime, però, diventino paralizzanti, ché, anzi, è proprio dallo scontro degli opposti che prende vita la parola poetica votata a procedere insieme all'inesausto farsi della vita nel mondo.
E, dunque, se l'alternarsi delle stagioni, il trascorrere del tempo, gli eventi quotidiani, disegnano un sottofondo di eventi reiterati e reali, e i gesti, i pensieri e le  presenze di oggetti, sia pure rari, affermano la dimensione privata dell'esistere, nel momento in cui essi, attraverso l'irraggiamento metaforico e simbolico, vengono trasfigurati, s'accampano come figure atemporali e aspaziali.  
Sostanzialmente la scrittura della Martino è un esempio alto di poesia poetologica, come, del resto suggerisce il titolo così suggestivo della prima sezione: “Liturgia della casa”, in cui lo spazio domestico diventa una sorta di tempio in cui si celebrano i riti di un fare sacro che si serve delle parole per tracciare percorsi visionari, slegandole dalle giunture abituali e dal tritume piatto della massificazione
Ne consegue un dettato spesso poco decifrabile, complesso, brulicante di sensi diversi, ma costellato di luminosità e di attese piene d'incanto. Così “il ramo” dell'albero invernale (quello “più preciso del tempo”) “annerito e spoglio” come il corpo che vive “nella stanza” della casa, allude alla rinascita, alla fioritura, termini  tanto ricorrenti nei versi dell'autrice da soverchiare quelli del dolore, dello sbiadimento, della marcescenza: è come dire che là dove la poesia si fa carico del dolore e lo brucia nella sua incandescenza, ogni cosa, ogni creatura vive “per brillamento”.
L'esistenza reale e quella simbolica costruiscono insieme un dialogo incessante sottolineato sulle pagine dall'uso del corsivo, come per ribadire comunque l'indecifrabilità dell'accadere, l'affanno della tessitura verbale dalle tenebre alla luce, dal centro grave, materico del mondo, ad una misericordiosa e più leggera alterità, dove tutto è perdonato, rimesso, abbandonato indietro, e l' “io”, ingabbiato nel recinto del corpo e della stessa memoria, cede ad una sorta di libero flusso onirico.
“Cercatemi nel sogno”, esorta la Martino, come a dire che soltanto nel sogno è possibile trovare l'essenza delle cose, quell'assolutezza che realizza pienamente la tensione conoscitiva che arrovella la ragione umana.
Da questa tensione deriva alla poesia dell'autrice uno stile vibrante, trasbordante dai codici assestati, sorprendente pur nella sua omogeneità tonale, attraverso il quale viene elaborata una profonda analisi del rapporto fra vita e arte, fra materialità e dematerializzazione, tra morte e vita non più intesi come antagonisti, ma come estremi dialoganti all'interno di un incessante fieri.
Del resto anche la poesia deve operare la morte del mondo per farlo rinascere alla purezza archetipale, al suo virgineo silenzio iniziale.
Franca Alaimo